Il reportage rappresenta uno degli ambiti "eroici" della fotografia. Molto spesso collegato ad eventi bellici è stato il terreno su cui sono cresciuti e diventati famosi alcuni tra quelli che oggi vengono considerati la massima espressione del giornalismo fotografico e della fotografia in genere.Veri e propri "miti" della fotografia mondiale sono stati grandi fotoreporter.
Capa, McCullin, McCurry, Burrows, ne sono solo un piccolo esempio.
La necessità, anche commerciale, di raccontare, di far vedere, di illustare, trova (o trovava?) nella figura del fotoreporter un interprete assoluto. E la carriera dei fotoreporters va di pari passo con quella delle storiche testate del fotogiornalismo mondiale (da Life a NG) e delle mitiche Agenzie (magnum su tutte)
Quanto sopra accennato vale non solo per il reportage di guerra ma anche per la grande corrente fotografica legata al reportage sociale e alla foto documentaria.
Auguste Sander, Eugene Smith, Dorothea Lange, Walker Evans e tutto il gruppo legato al progetto FSA, Salgado, Scianna, e ancora altri, sono alcuni tra i fotografi più affermati ed apprezzati.
E mi piace aggiungere, più per campanilismo e senza volerli accostare ai "mostri sacri", anche degli ottimi reporter italiani premiati con dal World Press Photo 2011:
Riccardo Venturi con il reportage di Haiti (1st prize singles), Massimo Berruti con il Pakistan (2nd prize stories), Marco Di Lauro con il Niger (1st prize singles; il suo sito, a proposito, è un’autentica opera d’arte), Ivo Saglietti con Srebrenica (3rd prize singles).
Venturi |
Berruti |
Di Lauro |
Saglietti |
Il fotoreporter è presente dove la Storia accade, e immortala l' "evento" con l'occhio della propria reflex in modo tale che tutti possano vedere. Questo è "il mito", ma... ma anche la volontà, politica, di spiegare, interpretare, idologizzare, giudicare, motivare, fa della fotografia un'arma potentissima di orientamento delle opinioni e delle idee.
Ma è in grado la fotografia di dire la verità di un fatto?
Lascio a chi legge l'approfondimento della enorme problematica legata all'immagine fotografica come strumento di manipolazione del consenso; così come, magari in altra occasione, approfondiremo il discorso sui grandi limiti "fisiologici" e "patologici" di cui soffre l'immagine fotografica nel "raccontare" la verità dei fatti
Oggi però le cose cambiano. La fotografia è cambiata, e con essa anche il reportage e la professione stessa di reporter. Un cambiamento per certi aspetti senza dubbio "epocale" e del quale probabilmente non ancora ci se ne rende conto a sufficienza. Ma di questo ne parleremo in un prossimo post.
Avvertenze:
queste sono solo "pillole", brevi e sintetiche considerazioni, che non hanno assolutamente la pretesa di spiegare un fenomeno così importante come il fotoreportage. Vogliono però essere uno stimolo per chi legge ad approfondire, e per i soci di Officina, per discuterne in una delle loro prossime riunioni.
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